Rough Cut
Pina Bausch ha presentato al Theatre de la Ville de Paris Rough Cut, balletto creato nel 2005. Ancora una volta la coreografa tedesca ha portato in scena uno spettacolo che certamente non ha mancato di momenti di provocazione, ironia, riflessione intima, suscitando talvolta anche sentimenti di angoscia. Lo spettacolo, accompagnato da diversi frammenti musicali di stili differenti, può offrire alcuni punti di analisi o piani interpretativi, che indichiamo qui di seguito:
– il rapporto fra lo stile coreografico di Pina Bausch e la tradizione stilistica della danza contemporanea; – la concezione di unità coreografica all »interno di uno spettacolo; – gli effetti teatrali e il loro rapporto all »interno di uno spettacolo di danza
Andiamo con ordine partendo dal punto n.1 La coreografia prevede certi « a solo » delle danzatrici veramente degni di nota. Sembrano riecheggiare le danze di Isadora Duncan, l »americana pioniere della danza contemporanea degli inizi del XX. sec., per il senso di libertà con cui ogni movimento, che ha la sua origine nel movimento del busto viene eseguito. Il tutto all »insegna di una grande fluidità che abbraccia e caratterizza la gestualità di tutte le altri parti del corpo. Questi singoli pezzi riescono ad emozionare lo spettatore grazie anche alle musiche e alla capacità di portare in scena una danza libera, senza punti di interruzione, ove prevale la purezza del movimento.
E veniamo ora al punto n.2, quello relativo alla concezione di unità coreografica all »interno di uno spettacolo di danza. Da questo punto di vista, il giudizio non è del tutto positivo, perché si può rilevare una certa mancanza di unità narrativa e una certa superficialità, soprattutto nella rappresentazione dei diversi stati emotivi che via via i danzatori portano in scena e che formano la stuttura coreografica. Effettivamente non si fa in tempo ad entrare in sintonia con ciò che il danzatore ci trasmette, che la musica cambia di nuovo, così come il danzatore e la scena. Si resta come a metà, senza poter comprendere veramente ove si voleva arrivare, il suo significato completo. Si ha la sensazione che tutto rimanga sospeso su un livello superficiale. Per quanta riguarda invece il punto 3, alcuni scene che potremmo riconoscere come vere e proprie « provocazioni » non possono che risultare esagerate. Talvolta queste forzature non sono importanti affinché un messaggio si trasmetta efficacemente; anzi spesso succede che le cose più sono semplici e prive di artifizi, più risultano allo spettatore comprensibili e appesantiscono di meno tutto quanto il resto. Inoltre, tanto più l »inteprete è capace di raprresentare delle emozioni « vere », che lui in prima persona vive in quel momento, tanto più queste catturano il pubblico e fanno assumere spessore al contenuto cui si assiste. Un altro problema legato a quest »aspetto che stiamo analizzando è legato al fatto che inserendo per così dire tutti questi ulteriori elementi accessori nel balletto, si rischia di contaminare la vera danza che in ogni caso a mio avviso resta l »arte del movimento. In particolare possiamo ricordare a proposito alcune scene come per esempio quella ad inizio spettacolo in cui una danzatrice inginocchiata per terra abbassa e solleva la testa picchiandola contro un pezzo di tronco d »albero oppure la scena in cui un giovane danzatore illumina e scalda con un accendino le caviglie di una danzatrice oppure ancora quando sempre una danzatrice sostituisce le sue scarpe con i tacchi con le quali camminava infilandosi e sostendo con le dita dei piedi dei flutes di vino come fossero delle vere e proprie scarpe. Perché creare delle mescolanze, che in realtà poi non fanno altro che nascondere la vera essenza delle cose? Ecco dunque aprirsi l »interrogativo sul valore coreografico del teatro danza che potrebbe venire a configurarsi come un »altra forma d »arte, indipendente, basata sì sulla danza, che va però oltre, inglobando elementi accessori più tipici del mondo del teatro.
Paris, 1 juillet 2006