Lo Schiaccianoci
« Umano troppo umano » aveva scritto Nietzsche…ma anche divino troppo divino – si potrebbe aggiungere a quanto scrive il filosofo tedesco – riferendoci a Roberto Bolle dopo averlo visto nello Schiaccianoci, primo balletto in programma di questa stagione di danza scaligera con la coreografia di Rudolf Nureyev ripresa da Aleth Francillon e musiche di Cajkovskij. Proprio in quest’ultimo periodo è stato scritto già tanto su di lui, forse troppo; un personaggio oramai divenuto mediatico a trecentosessantagradi, osannanto non solamente per le sue doti artistiche di ballerino e presente sulla maggior parte dei media, non solamente su quelli degli « addetti ai lavori ».
Reduce dall’ovazione ricevuta a seguito dell’interpretazione del ruolo sostenuto nell’Aida, opera con la quale si è aperta la nuova stagione di opera e balletto del Teatro alla Scala di Milano, l’étoile si presentato di fronte al suo pubblico in questo Schiaccianoci, nella doppia veste di Drosselmayer e di Principe (ma quanti dei presenti in platea lo avranno riconosciuto nel primo ruolo?…il pubblico lo ha applaudito solamente quando è apparso in scena nelle vesti di Principe), offrendo una performance veramente perfetta sotto tutti i punti di vista, che lo ha in un certo senso incoronato re del palcoscenico del balletto milanese. Ma quest’esordio stagionale ha anche messo in risalto l’ottimo miglioramento di tutto il Corpo di Ballo, che in diverse occasioni, a partire dall’esecuzione del valzer dei Fiocchi di Neve è apparso sicuro e incisivo, ballando con grande energia, impressionando per il suo perfetto sincronismo ritmico e precisione tecnica nel ridisegnare le geometrie coreografiche, fac-simili delle forme dei fiocchi di neve. Ma su tutto questo ci ritorneremo, entriamo ora nel vivo del « sogno » dello Schiaccianoci.
Come la maggior parte delle versioni dei balletti classici ripensate da Nureyev, c’è in anche questa un forte rimando alla dimensione onirica (per questa chiaramente ancora di più dato che il tema è oggetto stesso del libretto originario) legata a quella psicoanalitica, primo esempio fra tutti il suo Lago dei Cigni.
La storia dello Schiaccianoci è tratta dalla favola Der Nussknacker und der MauseKonig (Lo Schiaccianoci e la favola dei topi)scritta nel 1816 da Theodor Amadeus Hoffmann e pubblicato nel 1819 nella raccolta I fratelli di San Serapione. Ma per il balletto ci si ispirò non a questa versione originale ma a quella un pò più semplice e piacevole di Alexandre Dumas, che poteva offrire tonalità meno oscure rispetto a quelle che lo scrittore romantico Hoffmann aveva destinato alla sua novella. Lo Schiaccianoci rappresenta un salto nella nostra anima, nella nostra dimensione più infantile, un racconto che per questa sua caratteristica riporta alla luce anche i fantasmi della nostra infanzia. Da semplice favola così come appare ad una prima lettura più superficiale, numerosi sono i temi e le interpretazioni cui si presta; proprio per questo, a partire dalla coreografia originale di Marius Petipa (anche se l’impronta di Lev Ivanov, l’altro maestro coreografo del Marinskij dell’epoca emerge in modo preponderante), diversi coreografi, tra i più famosi, hanno messo in scena il loro Schiaccianoci. E’ qui il caso di ricordare tra questi, Maurice Béjart, Roland Petit, Jean Christophe Maillot, Malandain.
La struttura della storia in sé è semplice ma ben si presta a rintracciarne numerosi riferimenti simbolici, aspetto questo che Nureyev sfrutterà in pieno. Clara, la bimba protagonista, riceve tra i suoi doni uno schiaccianoci a forma di soldato, un oggetto dalla forma anche un pò grottesca verso il quale inizia a sentire una sorta di trasporto. Al calare della notte, sogna che il suo schiaccianoci è minacciato da una schiera di topi e perciò corre in suo aiuto; improvvisamente questi diventa un Principe, e i due si ritrovano così a vivere il loro sogno d’amore. Così da bambina che era nel primo atto, Clara subisce e conosce il trasporto della passione amorosa.
Al giungere dell’alba tutto svanisce e la protagonista si ritrova sola, con in mano il suo schiaccianoci. Grazie anche a questa struttura narrativa, non fu difficile per Nureyev, tanto incline nei suoi riallestimenti a superare le dimensioni tipicamente più infantili e fiabesche a trasformare il soggetto del balletto in una riflessione sui vari aspetti della dimensione dell’essere umano. Infatti come non cogliere nella storia del personaggio di Clara, il senso del divenire verso la dimensione adulta, verso i timori che possono manifestarsi di fronte alla scoperta della sessualità, l’avvicendarsi della lotta del bene e del male nella lotta dei topi.
Ma lo Schiaccianoci è anche nostalgia del calore familiare, dell’atmosfera del focolare, della neve che copriva le terre originarie dell’esule Nureyev. Il balletto consta di due atti e si sviluppa attorno a tre pas de deux che ne segnano l’intera coreografia. Nel primo, Clara, ancora bambina e intepretata dalla ballerina canadese Lisa-Maree Cullum, danza quasi assecondata dalla morbidezza del fluire della neve. Ci si trova ancora nel mondo dell’infanzia, semplicità e compostezza sono gli attributi stilistici più calzanti per questo momento, precursore dei due pas de deux successivi in cui il sogno e l’incontro con l’amore e la sessualità prendono corpo.
Nel secondo, all’inizio del secondo atto, i movimenti sono ancora più fluidi e nel terzo, finalmente si suggella l’unione dei due amanti che liberamente si abbandonano in una danza libera fino al momento del sorgere dell’alba in cui tutto svanisce. La coppia Cullum-Bolle ha ballato senz’altro in maniera armoniosa: nella loro danza emergono sino in fondo l’ingenuità e la freschezza della protagonista contro la maturità e il senso di sicurezza del Principe che si manifesta sul palcoscenico curando e sostenendo la partner in tutti i momenti delle varie sequenze dei passi. Probabilmente la Cullum sul finale del secondo pas de deux poteva osare di più, lasciarsi trasportare maggiormente in un momento che segnava l’apice dell’incontro e dell’idillio amoroso. Su Bolle si è già parlato, certamente per certi ruoli ha oramai raggiunto la massima padronanza e ogni suo movimento è apparso compiuto quasi come fosse un autocelebrazione della sua classe, della sua eleganza, ma anche di tutto il grande lavoro e sacrificio che l’ha portato a raggiungere simili risultati. Il Corpo di Ballo ha veramente stupito, la tournée in Cina con il Sogno di una notte di mezza estate che verrà ripreso in gennaio a Milano per la prima volta al Teatro alla Scala, ha come rinvigorito e ridato nuova linfa al balletto scaligero. Voglia di ballare ed entusiamo sono senz’altro passati al grande pubblico che lo ha applaudito sino in fondo. Questa è stata forse la sorpresa più grande della serata, cosa questa da non dimenticare e non perdere per i prossimi spettacoli. E citando Maurice Béjart, che ricorda una frase di sua madre in occasione della presentazione nel 1998 del suo Schiaccianoci, » osservare il gheriglio di una noce è come trovarsi di fronte al cervello umano », si può ritrovare e tener vivo ancora oggi il valore e lo spirito di un balletto che da favola così come è in apparenza, può condurre grazie al suo simbolo, lo Schiaccianoci appunto, nelle pieghe più intime della nostra mente.