Tempest without a body
Esiste un dipinto di Paul Klee que s’intitola Angelus Novus. Questi raffigura un angelo que ha tutta l’intenzione di allontanarsi da cio che invece il suo sguardo cattura.
I suoi occhi sono sbarrati, la sua bocca aperta, le sue ali spiegate. Tale é l’aspetto che deve avere necessariamente l’angelo della storia. Il suo volto é rivolto verso il passato. Mentre a noi sembra che si verifichi una serie di avvenimenti, egli non vede che una sola e unica catastrofe che non cessa di accatastare rovine su rovine e gettarle ai suoi piedi. Egli vorrebbe indugiare, risvegliare i morti e riunire i vinti. Ma dal paradiso arriva una tempesta che resta catturata nelle sue ali, é cosi forte che l’angelo non puo più chiuderle. Questa tempesta lo spinge incessantamente verso l’avvenire al quale gli gira le spalle nonostante che davanti a lui, fino al cielo si accumulano tutte le rovine. Questa tempesta é cio che noi chiamiamo progresso.
Walter Benjamin, Tesi sul concetto di storia, 1940
é la prima volta che Lemi Ponifasio, originario delle Isole Samoa presenta un suo lavoro in Francia, trattasi della sua ultima creazione Tempest without a body.
Il coreografo si é ispirato alle idee di tempesta e devastazione ma altra fonte d’ispirazione lo é stata senz’altro il quadro di Paul Klimt Angelus Novus oggetto di riflessione di Walter Benjamin nella sua opera Tesi sul concetto di storia del 1940.
La creazione si apre con un grande boato simile a quello di un’esplosione che dura un minuto. Il coreografo afferma che per quest’inizio cosí sfolgorante era stato ispirato dall’attentato di Londra del 2005.
La componente teatrale ha un ruolo predominante. Lo spettacolo si sviluppa attraverso sequenze in cui momenti pieni di disperazione e silenzio si alternano ad altri ricchi di poesia e preghiera. Questi sono rappresentati dalle scene in cui cinque danzatori vestiti da monaci danzano in maniera quasi immobile utilizzando un linguaggio gestuale quasi ipnotico basato solo sui movimenti delle mani e delle dita. Forti sono i richiami alla danza guerriera du haka, alla pratica zen del butô e alla teadizione delle danze dei paesi del Pacifico del Sud. Il risultato é un’opera che rivela un grande lavoro di ricerca intima, ben strutturato e proporzionato capace di trasportare il pubblico e di trasmettergli i sentimenti che il coreografo desiderava esattamente rappresentare.