Turba

Turba ovvero il titolo dell’ultima creazione di Maguy Marin presentata al Théâtre de la Ville di Parigi. Il titolo sintetizza in maniera esemplare il senso di questa creazione che si ispira all’opera De rerum natura del poeta-filosofo Lucrezio che in quest’opera trasmise in versi il pensiero di Epicuro sottolineandone la valenza esistenziale.

Nel De Rerum naturae si trattano argomenti quali l »origine e lo sviluppo del mondo e delle cose, la mortalità dell »anima, il rapporto con gli dei ; l’autore esprime attraverso la poesia la titanica tragedia della natura universale in tutta la sua maestà, e induce a soffrire e piangere sulla nostra misera condizione di mortali. L »uomo, trascurato completamente dagli dei, costretto a vivere in una natura che gli è piuttosto matrigna che madre, può tuttavia trionfare ad opera di Epicuro, il primo che ha osato tra gli uomini schiacciare la religione, cioè la superstizione, e guardare in faccia gli dei.

La caratteristica più saliente di quest’opera é che non si rivolge solamente al lògos, ma a tutta l’emotività dell’uomo. La « malinconia » di Epicuro trova in Lucrezio un’espansione lirica, e viene ad emergere anche un senso di pietà nei confronti degli uomini non saggi, per i quali la vita appare senza luce. Il pessimismo sembra talora assumere forme radicali spingendo il poeta a chiedersi che male sarebbe stato non nascere.

Su queste basi Maguy Marin offre al pubblico una vera perla : scenografia, costumi, recitazione sono gli ingredienti capaci di affascinare e trascinare il pensiero degli spettatori verso una riflessione che ancora oggi più che mai puó rivelarsi efficace. Sulla scena vengono recitati in differenti lingue brani tratti dall’opera latina stessa ; gli attori danno vita per lo più a monologhi per tutta la durata dello spettacolo. A volte la suntuosità e la vivacità della scenografia sembrano contrastare con la consapevolezza della dura realtà in cui si vive.

Ma tutto ció ha anche un risvolto positivo, ed é forse qui ove Maguy Marin interviene maggiormente : é inutile piangere e restare immobili come prigionieri di status sociali o degli avvenimenti cui gli uomini sono sottoposti giornalmente.

Improvvisamente, cosi come accade in quest’opera, una tempesta, un urugano possono essere capaci di rovesciare le cose, anche se l’uomo rimarrá tuttavia incapace di ritrovarne le cause.

La direttrice del centro coreografico di Rillieux-La-Pape ancora una volta riesce a portare in scena e tramutare in immagini intense una visione e un’interpretazione personale del mondo e delle angosce del mondo questa volta ispirandosi a un poeta latino e alle musiche di Schubert.

Nulla dev’essere lasciato e negato di vivere ; inutile piangere e rimpiangere gli avvenimenti che hanno marcato le nostre vite : ció che resta é accettare un destino che appare inscrutabile e che va vissuto a pieno nei suoi aspetti più positivi e negativi.

Parigi, Théâtre de la Ville 3 Febbraio 2009

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